In molti paesi nella giornata del 16 maggio si celebra la “giornata delle comunicazioni sociali.”
Riportiamo alcuni stralci dal messaggio di papa Francesco dal titolo “Vieni e vedi: comunicare incontrando le persone dove e come sono.”
Cari fratelli e sorelle,
l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.
VIENI E VEDI
La comunicazione nel Vangelo ha un certo stile; spesso capita anche a noi di riconoscere il modo di scrivere di una persona – quando la conosciamo bene – riuscendo ad intuire ciò che vuole comunicare o approfondire. Nei confronti della Bibbia siamo a volte lettori poco attenti, o poco continuativi, eppure proprio in quelle pagine abbiamo la possibilità di trovare alcuni messaggi importanti per noi.
Il “lavoro” degli evangelisti – “scrittori” tramite le testimonianze orali e i ricordi personali – che ci hanno trasmesso alcuni dettagli di “cronaca”, rivelano la presenza di Gesù nei luoghi e con gli impatti che quell’esperienza ha generato. Quando Filippo comunica a Nanatanaele l’incontro con il Messia, il suo amico è scettico e gli domanda “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti ma esclama solamente “Vieni e vedi”. Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia.
La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio (cfr Gv 4,39-42). Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.
È grazie alla passione e al lavoro di alcune categorie se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate, i soprusi e le ingiustizie contro i poveri e contro il creato, le guerre dimenticate, la situazione dei migranti, il dramma sociale delle famiglie che la pandemia ha scatenato. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.
Dobbiamo d’altra parte sentirci tutti responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere. Perché si comunica non solo con le parole, ma con gli occhi, il tono della voce, i gesti.
Il papa sottolinea come la forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare.
Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti
(Sant’Agostino)
Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.
Fonte: www.vatican.va